La notizia che ha spiazzato tanti amanti della birra di qualità è arrivata senza preavviso. Lo ammetto, anche io all’inizio sono rimasto di stucco, ma come spesso accade quando c’è di mezzo la Chimay, dietro c’è molto più di quel che si vede. E allora, da curioso e appassionato quale sono, ho deciso di andare a fondo.
Sì, hai letto bene, Chimay in lattina. Una scelta che a prima vista potrebbe sembrare azzardata, quasi un’eresia per chi è abituato a immaginare la trappista belga dentro le sue classiche bottiglie dal vetro spesso e il tappo in sughero. Eppure questa novità ha un suo perché, e non ha nulla a che fare con le mode del momento o con la corsa dei grandi colossi al formato più venduto.
In questo articolo scopriamo insieme tutto quello che c’è da sapere su questa novità che ha fatto alzare più di un sopracciglio. E come sempre, nelle conclusioni dirò anche la mia opinione personale, che magari non sarà universale, ma nasce da chi questa birra la conosce, la ama e la racconta da tempo.
Bene, iniziamo questo viaggio alla scoperta della Chimay in lattina, una storia tutta da bere.
Di cosa parliamo in questo articolo?
Chimay in lattina
È ufficiale, Chimay ha deciso di osare con un formato inedito per le sue birre più iconiche. Parliamo della Chimay Dorée, della Rouge e della Triple, ora disponibili anche in lattina. Una scelta che strizza l’occhio a chi ama la birra buona ma non vuole rinunciare alla libertà di portarsela ovunque. Festival, gite in montagna, serate con gli amici in giardino, ogni occasione può essere quella giusta per gustarsi una trappista in modo pratico e comodo.
E non pensiamo che si perda qualcosa per strada, perché anche la Chimay in lattina viene prodotta con lo stesso rigore di sempre. L’aroma è protetto da luce e ossigeno e, cosa forse ancor più interessante, si mantiene la famosa seconda fermentazione direttamente dentro la lattina. Esattamente come accade nelle bottiglie. Lo ha detto senza giri di parole anche Pierre-Louis Dhaeyer, il direttore generale di Bières et Fromages de Chimay, che ha confermato come questa scelta non sia una moda ma un’evoluzione pensata con intelligenza.
Il bello è che la Chimay in lattina riesce a parlare anche a una generazione più giovane e attiva, quella che cerca esperienze autentiche ma senza complicazioni. Una Chimay al parco o in spiaggia, senza compromessi sul gusto. E con tre stili tra cui scegliere, ognuno può trovare la sua birra ideale. La Dorée è leggera e speziata, perfetta quando vuoi qualcosa di rinfrescante. La Rouge è più rotonda, con sentori di frutta che ti coccolano. La Triple, invece, è quella che non si dimentica, intensa e con una nota amarognola che ti conquista in perfetto stile delle birre Tripel.
E tutto questo non cambia di una virgola i valori di sempre. Chimay resta fedele alla sua missione. Le birre vengono ancora prodotte dentro l’abbazia, con i monaci che supervisionano ogni passaggio. E i ricavi continuano a finanziare progetti sociali, educativi, culturali. Perché una trappista non è solo una birra, è una dichiarazione d’intenti.
In Belgio la si trova già nei negozi, mentre in Francia è disponibile nei punti specializzati. Per l’Italia manca poco, prepariamoci a vederla comparire tra gli scaffali delle birroteche più attente.
Una Chimay in lattina non si era mai vista. Ma una volta assaggiata, sarà difficile tornare indietro.
Curiosità su questa scelta che fa discutere ma convince
E se ti dicessi che la Chimay in lattina è tutt’altro che una forzatura commerciale? Anzi, è perfettamente in linea con lo spirito di questa storica birra trappista. Sì, perché da sempre Chimay ha saputo coniugare tradizione e innovazione, pur restando fedele a un metodo produttivo immutato. I monaci dell’Abbazia di Scourmont, pur nel silenzio della loro quotidianità, non hanno mai smesso di guardare avanti. Hanno mantenuto le radici salde, certo, ma hanno anche imparato a camminare con i tempi.
Una piccola parentesi storica ci aiuta a capire meglio. Fino agli anni Settanta, Chimay era disponibile solo nella classica bottiglia da 75 cl. Poi arrivò la 33 cl, con la stessa birra e la stessa rifermentazione. Nel 2001 arrivò la svolta dei fusti, accolti inizialmente con un po’ di scetticismo, ma rivelatisi fondamentali per raggiungere nuovi mercati e consumatori. E oggi, con la Chimay in lattina, si scrive un nuovo capitolo che ha tutto il sapore di una scelta coraggiosa.


Il contenitore cambia, certo, ma il cuore resta lo stesso. Nessuna pastorizzazione, nessuna scorciatoia. Solo lievito Chimay, rifermentazione naturale, fermentazione della birra curata nei dettagli e quella filosofia produttiva belga che non ha mai ceduto il passo alla fretta o alla chimica. La lattina serve a portare la trappista in contesti dove prima era più difficile, come mercati esteri in cui la lattina è ormai la norma, o tra i giovani che si stanno avvicinando a questo mondo con occhi nuovi e gusti più dinamici.
E se sei uno di quelli affezionati al rito della bottiglia da 75 cl, tranquillo, non cambia nulla. Continuerai ad aprire il tuo tappo con tutta la solennità del caso. La Chimay in lattina non toglie nulla, anzi aggiunge. Aggiunge possibilità, accessibilità, nuove occasioni per scoprire o riscoprire il valore di una birra trappista che ha fatto la storia.
Alla fine, questa non è solo una novità di marketing, è una mossa che guarda lontano, senza dimenticare da dove tutto è cominciato
Conclusioni
Lo ammetto senza problemi, anche io appena ho letto della Chimay in lattina ho fatto quella faccia da stupore misto a “ma che stanno facendo?”.
Poi però ci ho pensato su.
Se Chimay avesse deciso di restare immobile nel tempo, forse oggi sarebbe solo un ricordo per appassionati nostalgici, ma non una realtà ancora viva, attuale e capace di parlare a nuove generazioni. E attenzione, non sto parlando della birra in sé, che quella – per fortuna – è rimasta fedele a se stessa, lo dico con cognizione di causa dopo aver visitato tutto l’universo Chimay con i miei occhi.
Pensiamoci un attimo: se Chimay non avesse mai voluto cambiare, oggi non avremmo nemmeno i pub italiani del Club Chimay con la spina dedicata. Fino al 2001 i fusti non esistevano nemmeno. Eppure oggi sono diventati un canale essenziale per portare quella birra in contesti nuovi, mantenendo tutta la sua identità. Lo stesso discorso vale per la Chimay in lattina. Una mossa arrivata dopo tanti altri colossi, e proprio per questo ragionata, ponderata, non una corsa all’ultima moda.
Chimay è storia, ma sa anche come restare al passo. Per parlare ai nuovi consumatori serve anche un linguaggio diverso, e se oggi i social ci insegnano che quello che hai fatto ieri è già superato, capisci bene quanto sia importante riuscire a sorprendere ancora. Questa nuova veste in latta secondo me è un ottimo modo per accendere la curiosità, far nascere domande e magari portare anche chi non l’ha mai assaggiata ad avvicinarsi con più leggerezza a una trappista di spessore.
Ora però passo la parola a te. Sei team bottiglia o ti incuriosisce questa nuova Chimay in lattina?
Raccontamelo nei commenti, che qui il confronto è sempre aperto!
Alla nostra!
E mi raccomando: bevi sempre consapevolmente!
Francesco