Oggi siamo nell’alto Varesotto, pronti a raccontare una storia che sa di birra, coraggio e determinazione. Quegli ingredienti giusti che mi fanno prendere il primo treno o il primo volo per scoprire un pub che ha qualcosa da dire, come il Bitter Pub.
Ci troviamo a Luino, paesino affacciato sul Lago Maggiore con poco meno di quindicimila abitanti, a due passi dal confine con la Svizzera. E se vi dice qualcosa il nome “Cipollino”, sì, è anche la patria di Massimo Boldi.
Ma non siamo qui per le risate da cinepanettone. Siamo qui per parlare del Bitter Pub, un locale sul lungolago che cattura l’attenzione appena ci passi davanti. Ha uno stile suo, inconfondibile, quel non so che che ti fa inciampare dentro quasi per sbaglio. Ma poi ci resti, perché tra selezione e atmosfera, c’è da perderci la testa.
Dunque, dopo queste premesse dal sapore autentico, iniziamo davvero a raccontare la storia del Bitter Pub di Luino.
Di cosa parliamo in questo articolo?
La storia del Bitter Pub
Il Bitter Pub esisteva ancora prima di nascere, e no, non è solo un modo di dire. Nasce dalla voglia di Davide (per tutti Deiv) di uscire dai confini di un piccolo locale di paese che aveva trasformato in una birreria. Un posto da tremila abitanti nei dintorni di Luino, che cominciava a stargli stretto mentre nella testa già prendeva forma quello che oggi conosciamo come Bitter Pub.
Il Bitter Pub di oggi ha alle spalle quarant’anni di storia, con tante gestioni diverse che si sono alternate nel tempo. Deiv ci aveva già lavorato anni prima, e l’idea di tornarci, ogni giorno, nel locale dove tutto è cominciato, aveva un fascino irresistibile. Così, il 10 ottobre 2023, chiude ufficialmente il suo vecchio pub e apre le porte di questo nuovo progetto, dando vita a un sogno che covava da tempo, tornare proprio dove era nato il suo amore per la birra.
In una zona che fino a poco fa era praticamente a digiuno di birra artigianale, Deiv si è lasciato conquistare da questo mondo fatto di birrifici, spillatori e chiacchiere da bancone. E come succede spesso, quando entri in questo ambiente ti senti a casa. Anzi, alla fine, ci finisci davvero dietro il bancone. E nel suo Bitter Pub, quella passione si respira tutta.
Il nome Bitter ha una doppia anima. Da un lato, l’amore per uno degli stili birrari più iconici, le bitter inglesi. Dall’altro, un richiamo alla sua prima vita dietro il bancone, quella da barman, dove i bitter da miscelazione sono protagonisti. Un nome che sa di birra, di cuore e di gusto.
Lo stile del Bitter Pub è un mix riuscito tra l’anima industrial e l’atmosfera dei pub tedeschi. Forse è anche per questo che, passando davanti, ti viene spontaneo buttare un occhio dentro. Ti incuriosisce, ti stuzzica. E appena varchi la soglia, capisci che no, non è il solito pub.
Il locale
E adesso parliamo finalmente di birra, ma soprattutto delle emozioni e delle vibrazioni che ho respirato qui dentro. Perché al Bitter Pub, lo dico davvero, ce ne sono tante e tutte vere.
Sul fronte birra si apre un mondo. Qui si respira inclusione e apertura, ma soprattutto tanta passione, quella che solo i veri Temerari della Birra possono riconoscere al primo sorso. Il Bitter Pub vanta 10 spine attive: 8 in CO2, 1 in carbo-azoto e una pompa inglese.
Tutto l’impianto è di proprietà e, a detta di Deiv, è un po’ come essere un bambino in un negozio di giocattoli ogni volta che deve scegliere una tipologia di birra da prendere. Un’attenzione speciale è riservata anche alle fermentazioni spontanee, che qui non mancano mai.
Una cosa che mi ha colpito dritto agli occhi è la sala fusti. Ancora oggi, a pensarci, mi emoziono.
Dovrebbe essere la base per ogni pub che si rispetti, e invece spesso viene ignorata. Deiv ha letteralmente sventrato il vecchio locale per farci stare una sala fusti seria, come si deve. In zona è l’unico ad averne una così, sempre attiva e funzionale. Lui dice che si ripaga da sola col tempo, e io gli credo a pieni voti sulla parola.
Il Bitter Pub è nato per promuovere la birra artigianale, e si vede. Lo si respira nell’aria, lo si percepisce nei dettagli. Qui la birra è protagonista, e chi varca la soglia lo fa sapendo che troverà qualcosa di buono da bere.
Un altro aspetto affascinante riguarda le birre luppolate, e in particolare quelle italiane. Lui stesso cura la rotazione con una dedizione incredibile, spesso facendo anche centinaia di chilometri per andare a prendere personalmente i fusti più freschi. Il risultato? Qui bevi luppolate che non trovi due volte. Le vedi oggi, domani sono già cambiate. E la gente lo sa.
La clientela del Bitter Pub è varia ma ben precisa. Consapevole, appassionata o semplicemente incuriosita. C’è chi passa per caso, si innamora e finisce per tornarci ogni settimana. Ci sono sessanta coperti e dieci posti al bancone, e quei dieci sono i più ambiti, perché lì si parla, si ascolta, si vive davvero il pub.
Un luogo tranquillo, ma con una visione chiara del futuro. Il Bitter Pub non si limita a servire birra, ma vuole creare un precedente per tutta la provincia. E in effetti ci riesce. L’affluenza arriva da ogni angolo, e non è solo per la birra.
Anche la cucina ha il suo perché. Con una dichiarata vena napoletana nei Panuozzi, qui si mangia con gusto tra sapori di casa e un giro d’Italia tra taglieri, salumi e formaggi selezionati che spaziano dalla Toscana all’Emilia e oltre.


Perché chi viene al Bitter Pub lo fa con la sete, ma anche con fame di sapere.
Questo è un luogo dove si fa sociologia della birra. Dove ogni birra ha qualcosa da raccontare e ogni avventore esce con qualcosa in più. Posti come il Bitter Pub dovrebbero esistere in ogni comune italiano, almeno un paio, giusto per stare tranquilli.
Conclusioni
Eravamo lì, birra in mano, io con una Rochefort Triple, la trovi anche alla spina qui, e Deiv con la stout più mitica di tutte. A un certo punto gli chiedo: “Davide, per te cos’è un pub?”
Mi guarda e mi risponde: “È casa, è aria fresca. Apro alle 17, ma alle 15 sono già qui. Bisogna essere pronti, perché questo non è un lavoro, è uno stile di vita.”
Frase fatta? Forse.
Ma in mezzo a tanti pub che spuntano ogni mese e a tanti publican con cui mi confronto ogni settimana, alla fine la differenza la fa proprio quello che sembra scontato. È lì che si vede se un pub ha l’anima.
Qualche tempo fa raccontavo su uno dei miei articoli che se hai un pub e non succede niente, allora è meglio chiudere.
Ecco, al Bitter Pub quella sera è successo tanto. Perché sì, io sono un beer blogger, viaggio, collaboro con birrifici, pub e aziende legate al mondo della birra, ma le cose più vere accadono quando mi siedo, ascolto, vivo i posti e le persone.
Quando il Bitter Pub diventa casa, anche solo per una sera.
È stato un piacere e un onore stare dall’altra parte del bancone, con Deiv di fronte, un personaggio unico, a metà tra la saggezza e la follia buona. È stato bello conoscere nuove persone, come Stefano, il mio vicino di banco con cui ho condiviso birre e riflessioni sincere sul mondo della birra.
Al Bitter Pub succedono cose belle. Se ti capita di essere in zona, non pensarci troppo. Vai. Perché Deiv, quando ti vedrà entrare, sarà come ricevere una pacca sulla spalla ancor prima che tu ti sieda.
E ora chiudo davvero questo racconto. Fammi sapere se conoscevi già il Bitter Pub o se ti è venuta voglia di farci un salto.
Io sono sempre pronto ad ascoltare storie e feedback sul mondo dei pub e della birra.
Alla nostra!
E mi raccomando: bevi sempre consapevolmente!
Francesco